Demofoonte, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Gabinetti.
 
 DEMOFOONTE e CREUSA
 
 DEMOFOONTE
505Chiedi pure, o Creusa. In questo giorno
 tutto farò per te. Ma non parlarmi
 a favor di Dircea. Voglio che il padre
 morir la vegga. Il temerario offese
 troppo il real decoro. In faccia mia
510sediziose voci
 sparger nel volgo? a' miei decreti opporsi?
 Paragonarsi a me? Regnar non voglio,
 se tal vergogna ho da soffrir nel soglio.
 CREUSA
 Io non vengo per altri
515a pregarti, signor. Conosco assai
 quel che potrei sperar. Le mie preghiere
 son per me stessa.
 DEMOFOONTE
                                    E che vorresti?
 CREUSA
                                                                  In Frigia
 subito ritornar. Manca il tuo cenno
 perché possan dal porto
520le navi uscir. Questo io domando; e credo
 che negarlo non puoi, se pur qui dove
 venni a parte del trono,
 non è strano il timor, schiava io non sono.
 DEMOFOONTE
 Che dici, o principessa! Ah quai sospetti!
525Che pungente parlar! Partir da noi!
 E lo sposo? E le nozze?
 CREUSA
                                            Eh per Timante
 Creusa è poco. Una beltà mortale
 non lo speri ottener. Per lui... Ma questa
 la mia cura non è. Partir vogl'io;
530posso, o signor?
 DEMOFOONTE
                                Tu sei
 l'arbitra di te stessa. In Tracia a forza
 ritenerti io non vuo'. Ma non sperai
 tale ingiuria da te.
 CREUSA
                                     Non so di noi
 chi ha ragion di lagnarsi; e il prence... Alfine
535bramo partir.
 DEMOFOONTE
                            Ma lo vedesti?
 CREUSA
                                                         Il vidi.
 DEMOFOONTE
 Ti parlò?
 CREUSA
                    Così meco
 parlato non avesse.
 DEMOFOONTE
                                      E che ti disse?
 CREUSA
 Signor, basta così.
 DEMOFOONTE
                                    Creusa, intendo.
 Ruvido troppo alle parole, agli atti
540ti parve il prence. Ei freddamente forse
 t'accolse, ti parlò. Scuso il tuo sdegno;
 a te, che sei di Frigia
 a' molli avvezza e teneri costumi,
 aspra rassembra e dura
545l'aria d'un trace. E se Timante è tale,
 meraviglia non è; nacque fra l'armi,
 fra l'armi s'educò. Teneri affetti
 per lui son nomi ignoti. A te si serba
 la gloria d'erudirlo
550ne' misteri d'amor. Poco, o Creusa,
 ti costerà. Che non insegna un volto
 sì pien di grazie e due vivaci lumi
 che parlan come i tuoi? S'apprende in breve
 sotto la disciplina
555di sì dotti maestri ogni dottrina.
 CREUSA
 Al rossor d'un rifiuto una mia pari
 non s'espone però.
 DEMOFOONTE
                                     Rifiuto! E come
 lo potresti temer?
 CREUSA
                                    Chi sa?
 DEMOFOONTE
                                                    La mano,
 pur che tu non la sdegni, in questo giorno
560il figlio a te darà; la mia ne impegno
 fede reale. E se l'audace ardisse
 di repugnar, da mille furie invaso
 saprei... Ma no; troppo è lontano il caso.
 CREUSA
 (Sì sì, Timante all'imeneo s'astringa,
565per poter rifiutarlo). E bene, accetto,
 signor, la tua promessa. Or fia tua cura
 che poi...
 DEMOFOONTE
                    Basta così. Vivi sicura.
 CREUSA
 
    Tu sai chi son; tu sai
 quel che al mio onor conviene;
570pensaci; e s'altro avviene,
 non ti lagnar di me.
 
    Tu re, tu padre sei
 ed obbliar non dei
 come comanda un padre,
575come punisce un re. (Parte)
 
 SCENA II
 
 DEMOFOONTE e poi TIMANTE
 
 DEMOFOONTE
 Che alterezza ha costei! Quasi... Ma tutto
 al grado, al sesso ed all'età si doni.
 Pur convien che Timante
 troppo mal l'abbia accolta. È forza ch'io
580lo avverta, lo riprenda, acciò più saggio
 le ripugnanze sue vinca in appresso.
 Timante a me... (Alle guardie) Ma vien Timante istesso.
 TIMANTE
 Mio re, mio genitor, grazia, perdono,
 pietà.
 DEMOFOONTE
              Per chi?
 TIMANTE
                                Per l'infelice figlia
585dell'afflitto Matusio.
 DEMOFOONTE
                                        Ho già deciso
 del suo destin. Non si rivoca un cenno
 che uscì da regio labbro. È d'un errore
 conseguenza il pentirsi; e il re non erra.
 TIMANTE
 Se si adorano in terra, è perché sono
590placabili gli dei. D'ogni altro è il Fato
 nume il più grande; e, sol perché non muta
 un decreto giammai, non trovi esempio
 di chi voglia innalzargli un'ara, un tempio.
 DEMOFOONTE
 Tu non sai che del trono
595è custode il timor.
 TIMANTE
                                    Poco sicuro.
 DEMOFOONTE
 Di lui figlio è il rispetto.
 TIMANTE
                                              E porta seco
 tutti i dubbi del padre.
 DEMOFOONTE
                                             A poco a poco
 diventa amor.
 TIMANTE
                             Ma simulato.
 DEMOFOONTE
                                                       Il tempo
 t'insegnerà quel ch'or non sai. Per ora
600d'altro abbiamo a parlar. Dimmi; a Creusa
 che mai facesti? In questo dì tua sposa
 esser deve; e l'irriti?
 TIMANTE
                                         Ho tal per lei
 repugnanza nel cor che non mi sento
 valor di superarla.
 DEMOFOONTE
                                    E pur conviene...
 TIMANTE
605Ne parleremo. Or per Dircea, signore,
 sono al tuo piè. Quell'innocente vita
 dona a' prieghi d'un figlio.
 DEMOFOONTE
                                                   E pur di lei
 torni a parlar. Se l'amor mio t'è caro,
 questa impresa abbandona.
 TIMANTE
                                                     Ah padre amato,
610non ti posso ubbidir. Deh, se giammai
 il tuo paterno affetto
 son giunto a meritar, se, adorno il seno
 d'onorate ferite, alle tue braccia
 ritornai vincitor, se i miei trionfi,
615del tuo sublime esempio
 non tardi frutti, han mai saputo alcuna
 esprimerti dal ciglio
 lagrima di piacer, libera, assolvi
 la povera Dircea. Misera! Io solo
620parlo per lei; l'abbandonò ciascuno;
 non ha speme che in me. Sarebbe, oh dio!
 troppa inumanità, senza delitto,
 nel fior degli anni suoi, su l'are atroci
 vederla agonizzar, vederle a rivi
625sgorgar tiepido il sangue
 dal molle sen, del moribondo labbro
 udir gli ultimi accenti, i moti estremi
 degli occhi suoi... Ma tu mi guardi, o padre!
 Tu impallidisci! Ah! Lo conosco; è questo
630un moto di pietà. (S’inginocchia) Deh non pentirti;
 secondalo, o signor. No, finché il cenno
 onde viva Dircea, padre, non dai,
 io dal tuo piè non partirò giammai.
 DEMOFOONTE
 Principe (oh sommi dei!) sorgi. E che deggio
635creder di te? Quel nominar con tanta
 tenerezza Dircea, queste eccessive
 violenti premure
 che voglion dir? L'ami tu forse?
 TIMANTE
                                                            Invano
 farei studio a celarlo.
 DEMOFOONTE
                                         Ah questa è dunque
640delle freddezze tue verso Creusa
 la nascosta sorgente. E che pretendi
 da questo amor? Che per tua sposa forse
 una vassalla io ti conceda? O pensi
 che un imeneo nascosto... Ah, se potessi
645immaginarmi sol...
 TIMANTE
                                      Qual dubbio mai
 ti cade in mente! A tutti i numi il giuro,
 non sposerò Dircea; nol bramo; io chiedo
 che viva solo. E se pur vuoi che mora,
 morrà, non lusingarti, il figlio ancora.
 DEMOFOONTE
650(Per vincerlo si ceda). E ben, tu 'l vuoi,
 vivrà la tua diletta;
 la dono a te.
 TIMANTE
                         Mio caro padre... (Vuol baciargli la mano)
 DEMOFOONTE
                                                          Aspetta.
 Merita la paterna
 condescendenza una mercé?
 TIMANTE
                                                      La vita,
655il sangue mio...
 DEMOFOONTE
                               No, caro figlio; io bramo
 meno da te. Nella real Creusa
 rispetta la mia scelta. A queste nozze
 non ti mostrar sì avverso.
 TIMANTE
                                                 Oh dio!
 DEMOFOONTE
                                                                  Lo veggo,
 ti costan pena; or questa pena accresca
660merito all'ubbidienza. Ebb'io pietade
 della tua debolezza; abbi tu cura
 dell'onor mio. Che si diria, Timante,
 del padre tuo, se per tua colpa astretto
 le promesse a tradir... Ma tanto ingrato
665so che non sei. Vieni alla sposa. Al tempio
 conduciamola adesso; adesso in faccia
 agl'invocati dei
 adempi, o figlio, i tuoi doveri e i miei.
 TIMANTE
 Signor... non posso.
 DEMOFOONTE
                                      Io fin ad ora, o prence,
670da padre ti parlai; non obbligarmi
 a parlarti da re.
 TIMANTE
                                Del re, del padre
 venerabili i cenni
 egualmente mi son; ma, tu lo sai,
 amor forza non soffre.
 DEMOFOONTE
                                           Amor governa
675le nozze de' privati. Hanno i tuoi pari
 nume maggior che li congiunge; e questo
 sempre è il pubblico ben.
 TIMANTE
                                                 Se il bene altrui
 tal prezzo ha da costar...
 DEMOFOONTE
                                              Prence, son stanco
 di garrir teco. Altra ragion non rendo;
680io così voglio.
 TIMANTE
                            Ed io non posso.
 DEMOFOONTE
                                                            Audace!
 Non sai...
 TIMANTE
                     Lo so; vorrai punirmi.
 DEMOFOONTE
                                                               E voglio
 che in Dircea s'incominci il tuo castigo.
 TIMANTE
 Ah no!
 DEMOFOONTE
                Parti.
 TIMANTE
                             Ma senti.
 DEMOFOONTE
                                                 Intesi assai.
 Dircea voglio che mora.
 TIMANTE
685E morendo Dircea...
 DEMOFOONTE
                                        Né parti ancora?
 TIMANTE
 Sì, partirò; ma poi (Turbato)
 non ti lagnar...
 DEMOFOONTE
                              Che? Temerario! (Oh dei!)
 Minacci!
 TIMANTE
                    Io non distinguo
 se priego o se minaccio. A poco a poco
690la ragion m'abbandona. A un passo estremo
 non costringermi, o padre. Io mi protesto;
 farei... Chi sa.
 DEMOFOONTE
                             Di'; che faresti, ingrato?
 TIMANTE
 Tutto quel che farebbe un disperato.
 
    Prudente mi chiedi?
695Mi brami innocente?
 Lo senti, lo vedi,
 dipende da te.
 
    Di lei, per cui peno,
 se penso al periglio,
700tal smania ho nel seno,
 tal benda ho sul ciglio
 che l'alma di freno
 capace non è. (Parte)
 
 SCENA III
 
 DEMOFOONTE solo
 
 DEMOFOONTE
 Dunque m'insulta ognun? L'ardita nuora,
705il suddito superbo, il figlio audace,
 tutti scuotono il freno? Ah non è tempo
 di soffrir più. Custodi, olà; Dircea
 si tragga al sagrifizio
 senz'altro indugio. Ella è cagion de' falli
710del padre suo, del figlio mio. Né, quando
 fosse innocente ancora,
 viver dovrebbe. È necessario al regno
 l'imeneo con Creusa; e mai Timante
 nol compirà, finché Dircea non muore.
715Quando al pubblico giova,
 è consiglio prudente
 la perdita d'un solo, anche innocente.
 
    Se tronca un ramo, un fiore
 l'agricoltor così,
720vuol che la pianta un dì
 cresca più bella.
 
    Tutta sarebbe errore
 lasciarla inaridir,
 per troppo custodir
725parte di quella. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Portici.
 
 MATUSIO e TIMANTE
 
 MATUSIO
 E l'unica speranza...
 TIMANTE
 Sì, caro amico, è nella fuga. Invece
 di placarsi a' miei prieghi,
 il re più s'irritò. Fuggir conviene
730e fuggire a momenti. Un agil legno
 sollecito provvedi; in quello aduna
 quanto potrai di prezioso e caro;
 e, dove fra gli scogli
 alla destra del porto il mar s'interna,
735m'attendi ascoso; io con Dircea fra poco
 a te verrò.
 MATUSIO
                      Ma de' custodi suoi...
 TIMANTE
 Deluderò la cura. Ignota via
 v'è chi m'apre all'albergo ov'ella è chiusa.
 Va', che il tempo è infedele a chi ne abusa.
 MATUSIO
 
740   È soccorso d'incognita mano
 quella brama che l'alma t'accende;
 qualche nume pietoso ti fa.
 
    Dall'esempio d'un padre inumano
 non s'apprende sì bella pietà. (Parte)
 
 SCENA V
 
 TIMANTE e poi DIRCEA in bianca veste e coronata di fiori fra le guardie ed i ministri del tempio
 
 TIMANTE
745Gran passo è la mia fuga. Ella mi rende
 e povero e privato. Il regno e tutte
 le paterne ricchezze
 io perderò. Ma la consorte e il figlio
 vaglion di più. Proprio valor non hanno
750gli altri beni in sé stessi; e li fa grandi
 la nostra opinion. Ma i dolci affetti
 e di padre e di sposo hanno i lor fonti
 nell'ordine del tutto. Essi non sono
 originati in noi
755dalla forza dell'uso o dalle prime
 idee di cui bambini altri ci pasce;
 già ne ha i semi nell'alma ognun che nasce.
 Fuggasi pur... Ma chi s'appressa? È forse
 il re; veggo i custodi. Ah no; vi sono
760ancor sacri ministri; e in bianche spoglie
 fra lor... Misero me! La sposa! Oh dio!
 Fermatevi. Dircea, che avvenne?
 DIRCEA
                                                              Alfine
 ecco l'ora fatale; ecco l'estremo
 istante ch'io ti veggo. Ah prence, ah questo
765è pur l'amaro passo!
 TIMANTE
                                        E come! Il padre...
 DIRCEA
 Mi vuol morta a momenti.
 TIMANTE
                                                   Infin ch'io vivo... (Volendo snudar la spada)
 DIRCEA
 Signor, che fai? Sol contro tanti, invano
 difendi me; perdi te stesso.
 TIMANTE
                                                     È vero.
 Miglior via prenderò. (Volendo partire)
 DIRCEA
                                           Dove?
 TIMANTE
                                                          A raccorre
770quanti amici potrò. Va' pure; al tempio
 sarò prima di te. (Come sopra)
 DIRCEA
                                   No. Pensa... Oh dio!
 TIMANTE
 Non v'è più che pensar. La mia pietade
 già diventa furor. Tremi qualunque
 oppormisi vorrà; se fosse il padre,
775non risparmio delitti. Il ferro, il fuoco
 vuo' che abbatta, consumi
 la reggia, il tempio, i sacerdoti, i numi. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DIRCEA, poi CREUSA
 
 DIRCEA
 Fermati. Ah non m'ascolta. Eterni dei,
 custoditelo voi. S'ei pur si perde,
780chi avrà cura del figlio? In questo stato
 mi mancava il tormento
 di tremar per lo sposo. Avessi almeno
 a chi chieder soccorso... Ah principessa,
 ah Creusa, pietà! Non puoi negarla;
785la chiede al tuo bel core
 nell'ultime miserie una che muore.
 CREUSA
 Chi sei? Che brami?
 DIRCEA
                                         Il caso mio già noto
 purtroppo ti sarà; Dircea son io;
 vado a morir; non ho delitto. Imploro
790pietà ma non per me. Salva, proteggi
 il povero Timante. Egli si perde
 per desio di salvarmi. In te ritrovi,
 se i prieghi di chi muor vani non sono,
 disperato assistenza e reo perdono.
 CREUSA
795E tu a morir vicina
 come puoi pensar tanto al suo riposo?
 DIRCEA
 Oh dio! Più non cercar. Sarà tuo sposo.
 
    Se tutti i mali miei
 io ti potessi dir,
800divider ti farei
 per tenerezza il cor.
 
    In questo amaro passo
 sì giusto è il mio martir
 che, se tu fossi un sasso,
805ne piangeresti ancor. (Parte fra le guardie ed i ministri che la guidano al tempio)
 
 SCENA VII
 
 CREUSA e poi CHERINTO
 
 CREUSA
 Che incanto è la beltà! Se tale effetto
 fa costei nel mio cor, degno di scusa
 è Timante che l'ama. Appena il pianto
 io potei trattener. Questi infelici
810s'aman da vero. E la cagion son io
 di sì fiera tragedia? Ah no; si trovi
 qualche via d'evitarla. Appunto ho d'uopo
 di te, Cherinto.
 CHERINTO
                               Il mio germano esangue
 domandar mi vorrai.
 CREUSA
                                         No; quella brama
815con l'ira nacque e s'ammorzò con l'ira;
 or desio di salvarlo. Al sacrifizio
 già Dircea s'incammina;
 Timante è disperato; i suoi furori
 tu corri a regolar; grazia per lei
820ad implorare io vado.
 CHERINTO
                                          Oh degna cura
 d'un'anima reale! E chi potrebbe
 non amarti, o Creusa? Ah, se non fossi
 sì tiranna con me...
 CREUSA
                                      Ma donde il sai
 ch'io son tiranna? È questo cor diverso
825da quel che tu credesti.
 Anch'io... Ma va'. Troppo saper vorresti.
 CHERINTO
 
    No, non chiedo, amate stelle,
 se nemiche ancor mi siete;
 non è poco, o luci belle,
830ch'io ne possa dubitar.
 
    Chi non ebbe ore mai liete,
 chi agli affanni ha l'alma avvezza
 crede acquisto una dubbiezza
 ch'è principio allo sperar. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 CREUSA sola
 
 CREUSA
835Se immaginar potessi,
 Cherinto idolo mio, quanto mi costa
 questo finto rigor che sì t'affanna,
 ah forse allor non ti parrei tiranna.
 È ver che di Timante
840ancor sposa non son; facile è il cambio;
 può dipender da me; ma, destinata
 al regio erede, ho da servir vassalla
 dove venni a regnar? No, non consente
 che sì debole io sia
845il fasto, la virtù, la gloria mia.
 
    Felice età dell'oro,
 bella innocenza antica,
 quando al piacer nemica
 non era la virtù!
 
850   Dal fasto e dal decoro
 noi ci troviamo oppressi;
 e ci formiam noi stessi
 la nostra servitù. (Parte)
 
 SCENA IX
 
  Atrio del tempio d’Apollo. Magnifica ma breve scala per cui si ascende al tempio medesimo, la parte interna del quale è tutta scoperta agli spettatori, se non quanto ne interrompono la vista le colonne che sostengono la gran tribuna. Veggonsi l’are cadute, il fuoco estinto, i sacri vasi rovesciati, i fiori, le bende, le scuri e gli altri stromenti del sagrifizio sparsi per le scale e sul piano, i sacerdoti in fuga, i custodi reali inseguiti dagli amici di Timante, e per tutto confusione e tumulto.
 
 TIMANTE che, incalzando disperatamente per la scala alcune guardie si perde fra le scene. DIRCEA che, dalla cima della scala medesima, spaventata lo richiama. Siegue breve mischia col vantaggio degli amici di Timante; e, dileguati i combattenti, Dircea, che rivede Timante, corre a trattenerlo, scendendo dal tempio
 
 DIRCEA
 Santi numi del cielo,
855difendetelo voi! Timante, ascolta;
 Timante, ah per pietà...
 TIMANTE
                                              Vieni, mia vita, (Tornando affannato con ispada alla mano)
 vieni; sei salva.
 DIRCEA
                               Ah che facesti!
 TIMANTE
                                                            Io feci
 quel che dovea.
 DIRCEA
                               Misera me! Consorte,
 oh dio, tu sei ferito! Oh dio, tu sei
860tutto asperso di sangue!
 TIMANTE
                                              Eh no, Dircea,
 non ti smarrir; dalle mie vene uscito
 questo sangue non è. Dal seno altrui
 lo trasse il mio furor.
 DIRCEA
                                         Ma guarda...
 TIMANTE
                                                                  Ah sposa,
 non più dubbi; fuggiamo. (La prende per mano)
 DIRCEA
                                                   E Olinto? E il figlio?
865Dove resta? Senz'esso
 vogliam partir?
 TIMANTE
                                Ritornerò per lui
 quando in salvo sarai. (Partendo alla sinistra)
 DIRCEA
                                            Fermati. Io veggo
 tornar per questa parte
 i custodi reali.
 TIMANTE
                             È ver; fuggiamo (Verso la destra)
870dunque per l'altra via. Ma quindi ancora
 stuol d'armati s'avanza.
 DIRCEA
                                              Aimè!
 TIMANTE
                                                            Gli amici (Guardando intorno)
 tutti m'abbandonar.
 DIRCEA
                                        Miseri noi!
 Or che farem?
 TIMANTE
                              Col ferro
 una via t'aprirò. Sieguimi. (Lascia Dircea e colla spada alla mano s’incammina alla sinistra)
 
 SCENA X
 
 DEMOFOONTE dal destro lato con ispada alla mano. Guardie per tutte le parti; e detti
 
 DEMOFOONTE
                                                    Indegno,
875non fuggirmi; t'arresta.
 TIMANTE
                                              Ah padre, ah dove
 vieni ancor tu!
 DEMOFOONTE
                              Perfido figlio!
 TIMANTE
                                                          Alcuno (Vede crescere il numero delle guardie e si pone innanzi alla sposa)
 non s'appressi a Dircea.
 DIRCEA
                                              Principe, ah cedi.
 Pensa a te.
 DEMOFOONTE
                       No, custodi,
 non si stringa il ribelle; al suo furore
880si lasci il fren. Vediamo
 fin dove giungerà. Via su, compisci
 l'opera illustre. In questo petto immergi
 quel ferro, o traditor. Tremar non debbe
 nel trafiggere un padre
885chi fin dentro a' lor tempi insulta i numi.
 TIMANTE
 Oh dio!
 DEMOFOONTE
                  Che ti trattien? Forse il vedermi
 la destra armata? Ecco l'acciaro a terra.
 Brami di più? Senza difesa io t'offro
 il tuo maggior nemico. Or l'odio ascoso
890puoi soddisfar; puniscimi d'averti
 prodotto al mondo. A meritar fra gli empi
 il primo onor poco ti manca; ormai
 il più facesti. Altro a compir non resta
 che, del paterno sangue
895fumante ancor, la scellerata mano
 porgere alla tua bella.
 TIMANTE
                                          Ah basta; ah padre,
 taci; non più. Con quei crudeli accenti
 l'anima mi trafiggi. Il figlio reo,
 il colpevole acciaro (S’inginocchia)
900ecco al tuo piè. Quest'infelice vita
 riprenditi, se vuoi; ma non parlarmi
 mai più così. So ch'io trascorsi; e sento
 che ardir non ho per domandar mercede;
 ma un tal castigo ogni delitto eccede.
 DIRCEA
905(In che stato è per me!)
 DEMOFOONTE
                                              (S'io non avessi
 della perfidia sua prove sì grandi,
 mi sedurrebbe. Eh non s'ascolti). a' lacci
 quella destra ribelle
 porgi, o fellon.
 TIMANTE
                             Custodi, (S’alza e va egli stesso a farsi incatenare)
910dove son le catene?
 Ecco la man; non le ricusa il figlio
 del giusto padre al venerato impero.
 DIRCEA
 (Purtroppo il mio timor predisse il vero!)
 DEMOFOONTE
 All'oltraggiato nume
915la vittima si renda; e me presente
 si sveni, o sacerdoti.
 TIMANTE
                                        Ah ch'io non posso
 difenderti, ben mio!
 DIRCEA
 Quante volte in un dì morir degg'io!
 TIMANTE
 Mio re, mio genitor...
 DEMOFOONTE
                                          Lasciami in pace.
 TIMANTE
920Pietà!
 DEMOFOONTE
               La chiedi invan.
 TIMANTE
                                               Ma ch'io mi vegga
 svenar Dircea sugli occhi
 non sarà ver. Si differisca almeno
 il suo morir. Sacri ministri, udite;
 sentimi, o padre. Esser non può Dircea
925la vittima richiesta. Il sacrifizio
 sacrilego saria.
 DEMOFOONTE
                              Per qual ragione?
 TIMANTE
 Di'; che domanda il nume?
 DEMOFOONTE
 D'una vergine il sangue.
 TIMANTE
                                               E ben Dircea
 non può condursi a morte;
930ella è moglie, ella è madre e mia consorte.
 DEMOFOONTE
 Come!
 DIRCEA
                (Io tremo per lui).
 DEMOFOONTE
                                                    Numi possenti,
 che ascolto mai! L'incominciato rito
 sospendete, o ministri. Ostia novella
 sceglier convien. Perfido figlio! E queste
935son le belle speranze
 ch'io nutrivo di te? Così rispetti
 le umane leggi e le divine? In questa
 guisa tu sei della vecchiezza mia
 il felice sostegno? Ah...
 DIRCEA
                                            Non sdegnarti,
940signor, con lui; son io la rea; son queste
 infelici sembianze. Io fui che troppo
 mi studiai di piacergli; io lo sedussi
 con lusinghe ad amarmi; io lo sforzai
 al vietato imeneo con le frequenti
945lagrime insidiose.
 TIMANTE
                                    Ah, non è vero;
 non crederle, signor. Diversa affatto
 è l'istoria dolente. È colpa mia
 la sua condescendenza. Ogni opra, ogni arte
 ho posta in uso. Ella da sé lontano
950mi scacciò mille volte; e mille volte
 feci ritorno a lei. Pregai, promisi,
 costrinsi, minacciai. Ridotto alfine
 mi vide al caso estremo; in faccia a lei
 questa man disperata il ferro strinse;
955volli ferirmi e la pietà la vinse.
 DIRCEA
 E pur...
 DEMOFOONTE
                 Tacete. (Un non so che mi serpe
 di tenero nel cor che in mezzo all'ira
 vorrebbe indebolirmi. Ah troppo grandi
 sono i lor falli; e debitor son io
960d'un grand'esempio al mondo
 di virtù, di giustizia). Olà, costoro
 in carcere distinto
 si serbino al castigo.
 TIMANTE
                                        Almen congiunti...
 DIRCEA
 Congiunti almen nelle sventure estreme...
 DEMOFOONTE
965Sarete, anime ree, sarete insieme.
 
    Perfidi, già che in vita
 v'accompagnò la sorte,
 perfidi, no, la morte
 non vi scompagnerà.
 
970   Unito fu l'errore,
 sarà la pena unita;
 il giusto mio rigore
 non vi distinguerà. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 DIRCEA e TIMANTE
 
 DIRCEA
 Sposo.
 TIMANTE
                Consorte.
 DIRCEA
                                    E tu per me ti perdi?
 TIMANTE
975E tu mori per me?
 DIRCEA
                                     Chi avrà più cura
 del nostro Olinto?
 TIMANTE
                                    Ah qual momento!
 DIRCEA
                                                                        Ah quale...
 Ma che? Vogliamo, o prence,
 così vilmente indebolirci? Eh sia
 di noi degno il dolor. Un colpo solo
980questo nodo crudel divida e franga.
 Separiamci da forti; e non si pianga.
 TIMANTE
 Sì, generosa; approvo
 l'intrepido pensier. Più non si sparga
 un sospiro fra noi.
 DIRCEA
                                    Disposta io sono.
 TIMANTE
985Risoluto son io.
 DIRCEA
 Coraggio.
 TIMANTE
                     Addio, Dircea.
 DIRCEA
                                                  Principe, addio. (Si dividono con intrepidezza; ma, giunti alla scena, tornano a riguardarsi)
 TIMANTE
 Sposa.
 DIRCEA
                Timante.
 A DUE
                                   Oh dei!
 DIRCEA
                                                    Perché non parti?
 TIMANTE
 Perché torni a mirarmi?
 DIRCEA
                                               Io volli solo
 veder come resisti a' tuoi martiri.
 TIMANTE
990Ma tu piangi frattanto!
 DIRCEA
                                             E tu sospiri!
 TIMANTE
 Oh dio, quanto è diverso
 l'immaginar dall'eseguire!
 DIRCEA
                                                   Oh quanto
 più forte mi credei! S'asconda almeno
 questa mia debolezza agli occhi tuoi.
 TIMANTE
995Ah fermati, ben mio. Senti.
 DIRCEA
                                                     Che vuoi?
 TIMANTE
 
    La destra ti chiedo,
 mio dolce sostegno,
 per ultimo pegno
 d'amore e di fé.
 
 DIRCEA
 
1000   Ah! Questo fu il segno
 del nostro contento;
 ma sento che adesso
 l'istesso non è.
 
 TIMANTE
 
    Mia vita, ben mio.
 
 DIRCEA
 
1005Addio, sposo amato.
 
 A DUE
 
 Che barbaro addio!
 Che fato crudel!
 
    Che attendono i rei
 dagli astri funesti,
1010se i premi son questi
 d'un'alma fedel? (Partono condotti separatamente dalle guardie in carceri distinte)
 
 Fine dell’atto secondo